Cosa si intende per strutturazione del tempo e dello spazio, quando si lavora con bambini con BES?
Perché è utile strutturare il tempo della giornata e lo spazio ambientale in cui il bambino è immerso, e come farlo?
Negli anni ’50 Eric Berne, il fondatore dell’Analisi Transazionale, descriveva tre tipi di “fami” che caratterizzano l’essere umano.
Secondo l’autore l’uomo è continuamente affamato di:
- Stimoli;
- Riconoscimento;
- Struttura.
La fame, quindi, non è solamente quella biologica: esiste anche una fame (anzi, tre!) di tipo psicologico.
Ogni essere umano sente il bisogno di interagire col mondo esterno, di plasmarlo al suo volere, di ottenere stimoli nuovi da esso.
Inoltre l’uomo è un animale sociale, per cui ricerca attivamente il riconoscimento da parte degli altri.
Infine, l’uomo necessita di trovare delle modalità per strutturare le sue ore di veglia, di dargli un ordine ed una sistematicità.
D’altronde le nostre giornate si svolgono quasi sempre allo stesso modo: non a caso parliamo di “routine quotidiana”.
Queste fami psicologiche sono universali e riguardano tutto il genere umano.
Perché cito il pensiero di Eric Berne a riguardo?
Perché credo che sia calzante per andare a parlare della strutturazione del tempo e dello spazio nel lavoro con i bambini che presentano Bisogni Educativi Speciali.
Trattandosi di un bisogno universale che accomuna tutti gli essere umani, è importante che l’educatore/psicologo/insegnante/genitore o comunque colui o colei che interagisce spesso col bambino sappia cosa si intende per strutturazione del tempo e dello spazio e che sappia come farla.
Perché è importante prendersi cura della strutturazione del tempo e dello spazio coi bambini con BES?
Innanzitutto è importante specificare che il termine BES (che sta, per l’appunto, per “Bisogni Educativi Speciali”) è un termine ad ombrello che all’interno contiene una moltitudine di diagnosi e di storie personali.
Ciò significa che quanto descriverò qui di seguito non è una formula universale che vale per tutti i bambini con cui ci si trova a lavorare.
Il lavoro con le persone, che si tratti di fare l’educatore o lo psicologo o l’insegnante, prevede quasi sempre un sforzo necessario da parte dei professionisti coinvolti per individualizzare l’intervento.
Ogni persona ha una storia e delle caratteristiche irripetibili, per cui ciò che funziona per uno potrebbe non funzionare per un altro.
Detto questo la strutturazione del tempo e dello spazio è un argomento molto importante su cui bisogna essere informati, se si vuole lavorare con bambini o adolescenti di questo tipo.
Lo è perché, come delineato in precedenza, la fame di struttura è universale e coinvolge anche questi piccoli utenti.
Lo è ancora di più perché in alcuni casi e con alcune diagnosi, la strutturazione del tempo e dello spazio sono fattori che facilitano l’elaborazione dell’esperienza e l’interazione col mondo esterno.
Faccio l’esempio del Disturbo dello Spettro dell’Autismo, per far capire meglio ciò di cui sto parlando.
Il profilo cognitivo delle persone con autismo prevede una grande capacità di porre attenzione ai dettagli dell’esperienza, con una forte difficoltà a “mettere assieme” tutti i dettagli percepiti ed elaborarne una visione d’insieme.
Questa teoria del funzionamento cognitivo delle persone con autismo viene chiamata teoria della coerenza centrale (e del suo deficit).
In parole povere, le persone con autismo hanno difficoltà di elaborazione globale dell’esperienza, ovvero di ciò che gli accade intorno, e possono trarre un grande beneficio dalla strutturazione dell’ambiente intorno a loro.
Un ambiente strutturato è un ambiente prevedibile, e quindi facile da elaborare.
Allo stesso modo una giornata scandita da una routine stabile facilita l’elaborazione cognitiva di ciò che la persona con autismo sta facendo e di ciò che farà successivamente.
Di fatto la strutturazione del tempo e dello spazio abbassano i livelli di ansia connessi all’imprevedibilità dell’ambiente esterno.
Ho fatto l’esempio delle persone con Disturbo dello Spettro dell’Autismo, ma ci sono anche altri tipi di diagnosi che rientrano all’interno dei Bisogni Educativi Speciali che possono trarre giovamento da una strutturazione prevedibile dell’ambiente e della giornata.
Come strutturare l’ambiente ed il contesto materiale intorno al bambino?
Esistono mille e uno modi per strutturare l’ambiente fisico attorno ad un bambino.
Innanzitutto è importante ricordare che esistono molti contesti fisici diversi in cui il bambino passa le sue giornate.
La casa di famiglia; la scuola, che presenta una moltitudine di spazi tra cui l’aula d’insegnamento, il cortile della ricreazione, gli spazi interni; gli ambienti in cui il bambino svolge attività sportive o pomeridiane dopo la scuola; e così via.
Ogni ambiente presenta le sue caratteristiche e necessita di una strutturazione “ad hoc”.
Allo stesso modo, come dicevo prima, ogni bambino o bambina con Bisogni Educativi Speciali è differente, e presenta le sue originali necessità.
Quindi la parola d’ordine è individualizzare!
Per dare struttura all’ambiente in cui è immerso il bambino è necessario considerare:
- I bisogni del bambino (fisici, psicologici, educativi);
- I vincoli ed i limiti imposti da quell’ambiente specifico (ad esempio, se il dirigente scolastico vi dice che non potete strutturare l’aula in un certo modo che reputate necessario, dovete trovare un compromesso);
- Le variabili che possono potenziare o inibire l’apprendimento (ad esempio, in classe, è utile strutturare l’ambiente in modo che non favorisca distrazioni durante il processo di acquisizione di nuove abilità ed informazioni).
Un altro principio teorico-pratico da tenere a mente è che è l’ambiente che viene incontro ai bisogni del bambino, e non il contrario.
Siamo noi adulti che dobbiamo essere flessibili e capaci di plasmare l’ambiente circostante per farlo venire incontro alle caratteristiche del bambino: il contrario è impensabile, soprattutto per quei bambini che presentano grandi difficoltà di adattamento!
Inoltre è importante ricordare che la strutturazione degli ambienti fisici deve sempre far riferimento all’obiettivo generale ed alle sotto-mete strategiche che caratterizzano il piano di trattamento.
Ogni modificazione del contesto intorno al bambino non deve avvenire per caso, ma deve rispondere a specifici “perché” e “come” che sono contenuti all’interno della programmazione dell’intervento psicoeducativo.
A livello pratico, la strutturazione degli spazi fisici intorno al bambino può prevedere una moltitudine di modifiche, ad esempio:
- Arricchire il luogo fisico in cui si svolge l’intervento psicoeducativo col bambino (la sua stanza se si tratta di un intervento domiciliare; l’aula scolastica se si svolge a scuola; e così via), inserendo materiali che possano interessare il bambino;
- Eliminare stimoli distraenti che potrebbero innescare comportamenti-problema;
- Aggiungere delle aree specifiche dedicate ad attività specifiche (lavori in piccolo gruppo assieme ai coetanei; giochi psicomotori; eccetera).
Questi sono solamente alcuni esempi possibili delle modifiche apportabili ad un ambiente fisico in cui il bambino è immerso e interagisce, che si rifanno ai principi teorici descritti in precedenza.
Come strutturare il tempo e la giornata del bambino?
Come già detto, la strutturazione della giornata aumenta la prevedibilità e diminuisce l’ansia connessa all’ignoto.
La strutturazione del tempo può essere sviluppata intorno a periodi di tempo molto piccoli, ad esempio la suddivisione di 30 minuti o di un’ora in diverse attività, oppure relativa a tempi più ampi come la singola giornata o la settimana.
Ogni strutturazione del tempo deve tener conto dell’aspetto dell’imprevisto: a volte le cose non vanno come avevamo previsto, per cui è importante preparare il bambino alla possibilità che sia necessario fare dei cambiamenti sulla “tabella di marcia”.
La strutturazione del tempo, in generale, è facilitata se viene presentata al bambino attraverso supporti visivi: cartelloni, fogli plastificati con attività da attaccare tramite il velcro, e così via.
Le attività possono essere descritte attraverso parole, immagini o una combinazione delle due: questo dipende dalle capacità acquisite dal bambino.
Per alcuni bambini ed anche per i pre-adolescenti, può essere utile negoziare assieme le attività da fare, soprattutto se le capacità cognitive e comunicative lo permettono.
La negoziazione è un’aspetto fondamentale del funzionamento sociale umano ed è un’abilità preziosa da acquisire.
Allenare il bambino o l’adolescente a trovare un compromesso tra voi e lui/lei, individuando le attività da fare e dandogli una priorità, può essere un’ottima palestra per insegnargli a bilanciare ciò che gli piace fare con ciò che invece non lo entusiasma (ma che volete invece fare voi).
La strutturazione delle attività giornaliere, inoltre, deve tener conto dei principi che regolano la gestione della motivazione all’apprendimento dell’alunno in questione.
La strutturazione del tempo e dello spazio deve essere stabile e costante, ma lasciare spazio alla flessibilità
È importante che l’educatore sappia mantenere una certa dose di equilibrio tra l’intento di creare un contesto ambientale e temporale che sia prevedibile, e la promozione della flessibilità e dell’adattamento creativo.
Molti bambini con BES presentano dei profili cognitivi caratterizzati da rigidità cognitive e comportamentali.
La creazione di routine è qualcosa che aiuta la loro elaborazione dell’esperienza, tuttavia non deve diventare una “prigione” che non lascia spazio a modifiche, imprevisti e novità all’interno della routine stessa.
È per questo motivo che l’educatore che stabilisce una routine efficace è anche colui o colei che è capace di introdurre elementi nuovi di tanto in tanto, che possono “spiazzare” il bambino, ma che contribuiscono ad allenarlo a gestire gli imprevisti che inevitabilmente la vita gli metterà davanti.

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Alla prossima settimana!
Dottor Antonello Mattia – Psicologo Castelli Romani