Molte persone sono portate a pensare che la “fame” sia solamente quella biologica, connessa ai bisogni primari.
Si parla di fame quando si è a tavola, a casa o con gli amici, sicuramente non quando si è nello studio di uno psicologo!
Beh, sbagliato!
In realtà, la fame di riconoscimento da parte degli altri è un bisogno innato che è intrinsicamente presente nell’essere umano.
L’uomo in quanto tale è un animale sociale: tende a vivere in gruppo (la società, la famiglia, ecc.) ed a interagire con altri esseri viventi come lui.
A riguardo è interessante il pensiero di Martin Buber, filosofo austriaco il cui pensiero è stato ripreso anche nella psicologia, che afferma che l’essere umano può definirsi in quanto tale solo in relazione con un altro essere umano.
Ciò significa che io sono io fintanto che esiste un tu, un diverso-da-me, che mi aiuta a definirmi attraverso il dialogo ed il riconoscimento reciproco.
Oltre alla dimensione filosofica, la psicologia ha dimostrato l’importanza del riconoscimento da parte degli altri ben più di una volta durante gli ultimi 100 anni.
Eric Berne, padre dell’Analisi Transazionale, parlava di carezze: esse sono unità di riconoscimento e sono fondamentali per il nostro benessere.
Un bambino piccolo, magari appena nato, che viene lasciato a sé stesso senza cure né carezze, si trova in una situazione critica che minaccia la sua stessa sopravvivenza.
Le carezze sono così importanti per la nostra sopravvivenza che vale la regola che è meglio una carezza negativa che nessuna carezza!
Quali sono le implicazioni di questa regola?
La prima implicazione, quella più logica che salta alla mente, è il fatto che le persone tenderanno a riproporre schemi relazionali disadattivi pur di ricevere carezze.
Questa è una delle spiegazioni più comuni per il fatto che alcune persone tendono a farsi del male in relazioni specifiche con partner, familiari ecc. in modalità cicliche e ripetitive (che Berne chiama “giochi”, ma sarà materiale per un altro articolo).
Magari queste persone sono anche consapevoli dei loro schemi disadattivi, ma non hanno modalità alternative e più salutari per ottenere riconoscimento da parte degli altri e quindi carezze.
Ovviamente la questione riguardante l’apprendimento di schemi relazionali disfunzionali e la loro permanenza nella vita delle persone è ben più complessa di così, ma le carezze giocano un ruolo importante all’interno del grande schema del funzionamento umano.
Dottor Antonello Mattia – Psicologo Castelli Romani